sabato 8 gennaio 2011

Spirito e acqua per la vita che sorge


il Vangelo di Ermes Ronchi

Battesimo del Nostro Signore Anno A

In quel tempo, Gesù dal­la Galilea venne al Gior­dano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedir­glielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?».
Ma Gesù gli rispo­se: «Lascia fare per ora, per­ché conviene che adem­piamo ogni giustizia».
Allo­ra egli lo lasciò fare. Appe­na battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si apri­rono per lui i cieli ed egli vi­de lo Spirito di Dio discen­dere come una colomba e venire sopra di lui.
Ed ecco una voce dal cielo che di­ceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».


Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono i cieli, e vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba sopra di lui. Lo Spi­rito e l’acqua sono le più an­tiche presenze della Bibbia, entrano in scena già dal se­condo versetto della Gene­si: la terra era informe e de­serta, ma «lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque» .
Il primo movimento della vita nella Bibbia è una dan­za dello Spirito sulle acque. Come una colomba che cerca il suo nido, che cova la vita che sta per nascere. Da allora sempre lo Spirito e l’acqua sono legati al sorge­re della vita. Per questo so­no presenti nel Battesimo di Gesù e nel nostro Battesi­mo: come vita sorgente.
Di quale vita si tratta? Lo spiega la Voce dal cielo: Questi è il Figlio mio, l’ama­to: in lui ho posto il mio compiacimento .
«Figlio»
è la prima parola. Ogni figlio vive della vita del padre, non ha in sé stesso la propria sorgente, viene da un altro. Quella stessa voce è scesa sul nostro Battesi­mo e ci ha dichiarati figli, i quali non da carne né da vo­lere d’uomo ma da Dio sono stati generati ( Gv 1,13). Bat­tesimo significa immersio­ne: siamo stati immersi dentro la Sorgente, ma non come due cose separate ed in fondo estranee, come il vestito e il corpo, ma per di­ventare un’unica cosa, co­me l’acqua e la Sorgente, come il tralcio e la Vite: la nostra carne in Dio in ri­sposta a Dio nella nostra carne, il farsi uomo di Dio che genera 'l’indiarsi' (Dante) dell’uomo. Il nostro abitare in Dio dopo che Dio è venuto ad abitare in mez­zo a noi (Gv 1,14), il mio Na­tale dopo il suo Natale.
Amato è la seconda parola. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sap­pia o no, ogni giorno appe­na ti svegli, il tuo nome per Dio è «amato» . Immeritato amore, che precede ogni ri­sposta, lucente pregiudizio di Dio su ogni creatura.
Mio compiacimento è la ter­za parola. Termine raro e prezioso che significa: tu – figlio – mi piaci. C’è dentro una gioia, un’esultanza, una soddisfazione, c’è un Dio che trova piacere a stare con me e mi dice: tu, gioia mia!
E mi domando quale gioia posso regalare al Padre, io che l’ho ascoltato e non mi sono mosso, che non l’ho mai raggiunto e già perdu­to, e qualche volta l’ho per­fino tradito. Solo un amore immotivato spiega queste parole. Amore puro: avere un motivo per amare non è amore vero. E un giorno quando arriverò davanti a Dio ed Egli mi guarderà, so che vedrà un pover’uomo, nient’altro che una canna incrinata, il fumo di uno stoppino smorto.
Eppure so che ripeterà pro­prio a me quelle tre parole:
Figlio mio, amore mio, gioia mia. Entra nell’abbraccio di tuo padre!

(Letture: Isaia 42, 1-4. 6-7; Atti 10, 34-38; Matteo 3, 13-17)

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