domenica 3 aprile 2011

Chiamati alla luce della gioia di Dio



il Vangelo di Ermes Ronchi

IV Domenica di Quaresima Anno A

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa -Inviato-.

Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?».

Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia».

Ed egli diceva: «Sono io!».

Una carezza di luce sul cieco. Gesù tocca e illumina gli occhi di un mendicante che ci rappresenta tutti. Una carezza di luce che diventa carezza di libertà.

Chi non vede deve appoggiarsi ad altri, a muri, a un bastone, ai genitori, a farisei.

Chi vede cammina sicuro, senza dipendere da altri, libero. Come il cieco del Vangelo che guarito diventa forte, non ha più paura, tiene testa ai sapienti, bada ai fatti concreti e non alle parole.

Si nutre di luce e osa. Libero.

Una carezza di libertà che diventa carezza di gioia. Perché vedere è godere i volti, la bellezza, i colori. La luce è un tocco di allegria che si posa sulle cose.

Così la fede, che è visione nuova delle cose, crea uno sguardo lucente che porta luce là dove si posa: «Voi siete luce nel Signore» (Efesini 5,8).

I farisei, quelli che sanno tutte le regole, non provano gioia per gli occhi nuovi del cieco perché a loro interessa la Legge e non la felicità dell' uomo: mai miracoli di sabato! Non capiscono che Dio preferisce la felicità dei suoi figli alla fedeltà alla legge, che parla il linguaggio della gioia e per questo seduce ancora. Funzionari delle regole e analfabeti del cuore. Mettono Dio contro l'uomo ed è il peggio che possa capitare alla nostra fede.

Dicono: «I poveri restino pure poveri, i mendicanti continuino a mendicare, i ciechi si accontentino, purché si osservi il sabato! Gloria di Dio è il precetto osservato!».

E invece no, gloria di Dio è un uomo che torna a vedere. E il suo lucente sguardo dà lode a Dio più di tutti i sabati! Ed è una dura lezione: i farisei mostrano che si può essere credenti senza essere buoni; che si può essere uomini di Chiesa e non avere pietà; è possibile "operare" in nome di Dio e andare contro Dio. Amministratori del sacro e analfabeti del cuore.

Nelle parole dei farisei il termine che ricorre più spesso è «peccato»: «Sappiamo che sei peccatore; sei nato tutto nei peccati; se uno è peccatore non può fare queste cose»; anche i discepoli avevano chiesto: «Chi ha peccato? Lui o i suoi genitori?». Il peccato è innalzato a teoria che spiega il mondo, che interpreta l'uomo e Dio.

Gesù non ci sta: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori».

Si allontana subito, immediatamente, con la prima parola, da questa visione per dichiarare come essa renda ciechi su Dio e sugli uomini.

Parlerà del peccato solo per dire che è perdonato, cancellato. Il peccato non spiega Dio.

Dio è compassione, futuro, approccio ardente, mano viva che tocca il cuore e lo apre, amore che fa nascere e ripartire la vita, che porta luce.

E il tuo cuore ti dirà che tu sei fatto per la luce.

(Letture: 1 Samuele 16,1b.4a.6-7.10-13a; Salmo 22; Efesini 5,8-14; Giovanni 9,1-41)

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