sabato 27 marzo 2010

IL VANGELO DI DOMENICA

Dal cuore trafitto di Dio la vera vita il vangelo Domenica delle Palme Anno C
di Ermes Ronchi

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: « Non sei tu il Cristo? Sal­va te stesso e noi! » . L’altro invece lo rimproverava di­cendo: « Non hai alcun ti­more di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli inve­ce non ha fatto nulla di male» . E disse: «Gesù, ri­cordati di me quando en­trerai nel tuo regno».
Gli rispose: « In verità io ti di­co: oggi con me sarai nel paradiso » .

Al cuore del Vangelo c’è questo lungo patire, un Dio che muore per amore. Qualco­sa che non riesco a capire e che pure mi chiama, mi disarma, mi ferisce. E io, o­gni volta, impotente e affascinato. La croce non ci è stata data per capirla, ma per aggrapparci e farci por­tare in alto. Perché Gesù è venuto? Per­ché la terra intera risuona di un grido: grido di dolo­re e di nostalgia per il pa­radiso perduto, il Dio per- duto, l’amore e la pace per­duti.
La terra, con le sue spine e i suoi rovi, con le sue primule e i sempre­verdi e, ogni tanto, la sua tenerezza; ma solo ogni tanto e come di nascosto. E la sua crudeltà spesso, troppo spesso; e le sue la­crime, e i suoi singhiozzi. La terra è un immenso pianto. E un giorno Dio non ha più sopportato, non ha più po­tuto trattenersi. E allora è venuto, ha raggiunto i suoi figli, si è incarnato e si è messo a gridare insieme a loro lo stesso grido radica­to nell’angoscia e nella speranza.
Perché Gesù è salito sulla croce? Per essere con me e come me. Perché io possa esse­re con lui e come lui. Esse­re in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve al­l’uomo che è in croce. L’a­more conosce molti dove­ri, ma il primo di questi do­veri è di essere insieme con l’amato, vicino, unito, co­me una madre che vuole prendere su di sé il male del suo bambino, amma­­larsi lei per guarire suo fi­glio. La croce è l’abisso dove Dio diviene l’amante. En­tra nella morte perché là va ogni suo figlio. Nel cor­po del crocifisso l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto delle ferite. « Tu che hai salvato gli altri, salva te stesso».
Lo dicono tutti, capi, soldati, il ladro: « Se sei Dio, fai un miraco­lo, conquistaci, imponiti, scendi dalla croce, allora crederemo ». Chiunque, uo­mo o re, potendolo, scen­derebbe dalla croce. Lui, no. Solo un Dio non scen­de dalla croce, solo il no­stro Dio. Perché i suoi figli non ne possono scendere. Solo la croce toglie ogni dubbio, non c’è inganno sulla croce.
« Ricordati di me » , prega il ladro, « Oggi sarai con me in paradiso » , risponde Ge­sù.
Per questo sono qui, per poterti avere sempre con me. Non c’è nulla che possa separarci, né male, né tradimenti, né morte. Io vengo a prenderti anche nelle profondità dell’infer­no, se tu mi vuoi. Solo se tu mi vuoi. Ma io continuerò a morire d’amore per te, anche se tu non mi vorrai, e appena gi­rerai lo sguardo troverai u­no, eternamente inchio­dato in un abbraccio, che grida: ti amo!
Sono i giorni del nostro de­stino: l’uomo uscito dalle mani di Dio, rinasce ora dal cuore trafitto del suo creatore.
( Letture: Isaia 50,4- 7; Sal­mo 21; Filippesi 2,6-11; Lu­ca 22,14- 23.56)

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