sabato 15 maggio 2010

Il VANGELO di DOMENICA 16 maggio 2010

La benedizione «infinita» di Gesù di Ermes Ronchi

Ascensione del Signore Anno C
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome sa­ranno predicati a tutti i popoli la conversione e il per­dono dei peccati, comin­ciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimo­ni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rive­stiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

«E, alzate le mani, li benediceva». L’ultima imma­gine di Gesù sono le sue ma­ni alzate a benedire. «E, mentre li benediceva, veni­va portato su, in cielo».Quella benedizione è la sua parola definitiva, raggiunge ciascuno di noi, non è più terminata, non è mai finita.Una in-finita benedizione che rimane tra cielo e terra, si stende come una nube di primavera sulla storia inte­ra, su ogni persona, è trac­ciata sul nostro male di vi­vere, sull’uomo caduto e sulla vittima, ad assicurare che la vita è più forte delle sue ferite.Nella Bibbia la benedizione indica sempre una forza vi­tale, una energia che scen­de dall’alto, entra in te e pro­duce vita. Come la prima di tutte le benedizioni: Dio li benedisse dicendo «cresce­te e moltiplicatevi». Vita che cresce, in noi e attorno a noi. La benedizione è questa for­za più grande di noi che ci avvolge, ci incalza; un flus­so che non viene mai meno, a cui possiamo sempre at­tingere, anche nel tempo delle malattie e delle delu­sioni.Una benedizione ha lascia­to il Signore, non un giudi­zio; non una condanna o un lamento, ma una parola bel­la sul mondo, di stima, di e­norme speranza in me, in te, di fiducia nel mondo: c’è del bene in te; c’è molto bene in ogni uomo, su tutta la terra. Di questo voi sarete testi­moni: il Cristo doveva pati­re e risuscitare; nel suo no­me annunciate a tutti la conversione e il perdono. Sono le ultime parole di Gesù, con le tre cose es­senziali: – ricordare la croce e la Pa­squa. L’abbraccio del croci­fisso che non può più an­nullarsi, ci raggiunge tutti e ci trascina in alto con lui. E la Pasqua: i massi rotolati via dall’imboccatura del cuore, come da quella del sepol­cro. E nel giardino è prima­vera.– la conversione. Non è un comando, ma una offerta; non un dovere ma una op­portunità: nascere di nuo­vo. Seguendo Gesù, vedrai, la vita è più bella, il sole più luminoso, le persone più buone e felici.– il perdono. Non quello di uno smemorato, che di­mentica il male, ma quello di un creatore: che ti fa ri­partire ad ogni alba verso terre intatte; che apre futu­ro, fa salpare la tua vita co­me una nave prima arena­ta.Nella sua ascensione, Gesù non è salito verso l’alto, è andato oltre e nel profondo. Non al di là delle nubi, ma al di là delle forme. Siede al­la destra di ciascuno di noi, è nel profondo del creato, nel rigore della pietra, nella musica delle costellazioni, nella luce dell’alba, «nel­l’abbraccio degli amanti, in ogni rinuncia per un più grande amore»

(G. Vannuc­ci). (Letture: Atti degli apostoli 1,1-11; Salmo 46; Ebrei 9,24-28;10,19-23; Luca 24,46-53)

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