venerdì 16 aprile 2010

IL VANGELO DI DOMENICA 18 aprile 2010

il Vangelo
Le tre domande di Gesù a Pietro: così Dio abita il cuore dell’uomo
di Ermes Ronchi III Domenica di Pasqua Anno C

In quel tempo, Gesù si ma­nifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. (...)
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovan­ni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signo­re, tu lo sai che ti voglio be­ne ».
Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: « Si­mone, figlio di Giovanni, mi ami?».
Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti vo­glio bene » . Gli disse: « Pa­scola le mie pecore». Gli dis­se per la terza volta: «Simo­ne, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?».
Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Si­gnore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore.
In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio ten­derai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorifi­cato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Gesù e Pietro, uno dei dialoghi più affasci­nanti di tutta la let­teratura. Tre do­mande, come nel­la sera dei tradimenti, at­torno al fuoco nel cortile di Caifa, quando Cefa, la Roc­cia, ebbe paura di una ser­va. E da parte di Pietro tre dichiarazioni d’amore a ri­comporre la sua innocenza, a guarirlo alla radice dai tre rinnegamenti. Gesù non rimprovera, non accusa, non chiede spiega­zioni, non ricatta emotiva­mente; non gli interessa giudicare e neppure assol­vere, per lui nessun uomo è il suo peccato, ognuno vale quanto vale il suo cuore: Pietro, mi ami tu, adesso? La nostra santità non con­siste nel non avere mai tra­dito, ma nel rinnovare ogni giorno la nostra amicizia per Cristo. Le tre domande di Gesù so­no sempre diverse, è lui che si pone in ascolto di Pietro. La prima domanda: Mi ami più di tutti? E Pietro rispon­de dicendo sì e no al tempo stesso. Non si misura con gli altri, ma non rimane nep­pure nei termini esatti del­la questione: infatti mentre Gesù usa un verbo raro, quello dell’agàpe, il verbo sublime dell’amore assolu­to, Pietro risponde con il verbo umile, quotidiano, quello dell’amicizia e del­­l’affetto: ti voglio bene. Ed ecco la seconda doman­da: Simone figlio di Giovan­ni, mi ami? Gesù ha capito la fatica di Pietro, e chiede di meno: non più il confronto con gli altri, ma rimane la ri­chiesta dell’amore assoluto. Pietro risponde ancora di sì, ma lo fa come se non aves­se capito bene, usando an­cora il suo verbo, quello più rassicurante, così umano, così nostro: io ti sono ami­co, lo sai, ti voglio bene. Non osa parlare di amore, si ag­grappa all’amicizia, all’af­fetto. Nella terza domanda, è Ge­sù a cambiare il verbo, ab­bassa quella esigenza alla quale Pietro non riesce a ri­spondere, si avvicina al suo cuore incerto, ne accetta il limite e adotta il suo verbo: Pietro, mi vuoi bene? Gli domanda l’affetto se l’a­more è troppo; l’amicizia al­meno, se l’amore mette paura; semplicemente un po’ di bene. Gesù dimostra il suo amore abbassando per tre volte l’e­sigenze dell’amore, rallen­tando il suo passo sulla mi­sura del discepolo, fino a che le esigenze di Pietro, la sua misura d’affetto, il rit­mo del suo cuore diventa­no più importanti delle esi­genze stesse di Gesù. L’u­miltà di Dio. Solo così l’a­more è vero. E io so che nell’ultimo gior­no, se anche per mille volte avrò sbagliato, il Signore per mille volte mi chiederà so­lo questo: Mi vuoi bene? E io non dovrò fare altro che rispondere per mille volte: Ti voglio bene.
(Letture: Atti degli Apostoli 5,27b-32.40b-41; Salmo 29; Apocalisse 5,11-14; Giovan­ni 21, 1-19)

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