giovedì 1 aprile 2010

IL VANGELO DI DOMENICA DI PASQUA

Dal buio della notte all’alba della vita di Ermes Ronchi



Domenica di Pasqua Risurrezione del Signore Anno C


Il primo giorno della setti­mana, al mattino presto le donne si recarono al sepol­cro, portando con sé gli a­romi che avevano prepara­to. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepol­cro e, entrate, non trovaro­no il corpo del Signore Ge­sù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto que­sto, ecco due uomini pre­sentarsi a loro in abito sfol­gorante. (...) Quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (...).


E’ ancora buio e le don­ne si recano al sepol­cro di Gesù, le mani cariche di aromi. Vanno a prendersi cura del corpo di lui, con ciò che hanno, co­me solo le donne sanno. Al buio, seguendo la bussola del cuore.
Gesù non ha nemici fra le donne. Solo fra di loro non ha nemici.
Come il sole, Cristo ha pre­so il proprio slancio nel cuo­re di una notte: quella di N­a­È tale – piena di stelle, di an­geli, di canti – e lo riprende in un’altra notte, quella di Pasqua: notte di naufragio, di terribile silenzio, di buio ostile, dove veglia un pugno di uomini e di donne total­mente disorientati.
Notte dell’Incarnazione, in cui il Verbo si fa carne. Not­te della Risurrezione in cui la carne indossa l’eternità, in cui si apre il sepolcro, vuoto e risplendente nel fresco del­l’alba. E nel giardino è pri­mavera. Così respira la fede, da una notte all’altra. Pasqua ci invita a mettere il nostro respiro in sintonia con quell’immenso soffio che unisce incessantemen­te il visibile e l’invisibile, la terra e il cielo, il Verbo e la carne, il presente e l’oltre.
Il racconto di Luca è di e­strema sobrietà: entrarono e non trovarono il corpo di Ge­sù.
Il primo segno di Pasqua è la tomba vuota. Nella sto­ria umana manca un corpo al bilancio della violenza; i suoi conti sono in perdita. Manca un corpo alla conta­bilità della morte, il suo bi­lancio è negativo. La storia cambia: il violento non avrà in eterno ragione della sua vittima.
Perché cercate tra i morti co­lui che è vivo? Il bellissimo nome che gli danno gli an­geli: Colui che è vivo! Io sen­to che qui è la scommessa della mia fede: se Cristo è vi­vo, adesso, qui. Non tanto se vive il suo insegnamento o le sue idee, ma se la sua per­sona, se lui è vivo, mi chia­ma, mi tocca, respira con me, semina gioia, e ama. Non simbolicamente, non apparentemente, non ideal­mente, ma realmente vivo.
Perché Cristo è risorto? Dio l’ha risuscitato perché fosse chiaro che un amore così è più forte della morte, che u­na vita come la sua non può andare perduta.
« Forte come la morte è l’a­more »! dice il Cantico. Il ve­ro nemico della morte non è la vita, ma l’amore. Nell’al­ba di Pasqua non a caso chi si reca alla tomba sono quel­li che hanno fatto l’espe­rienza dell’amore di Gesù: le donne, la Maddalena, il di­scepolo amato, sono loro i primi a capire che l’amore vince la morte.
Noi tutti siamo qui sulla ter­ra per fare cose che merita­no di non morire. Tutto ciò che vivremo nell’amore non andrà perduto.


(Letture: Atti 10,34.37-43; Salmo 117; Colossesi 3,1-4; Giovanni 20,1-9 oppure Lu­ca 24,1-12)

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