Mosaico nel Mausoleo di Galla Placidia Ravenna
Gesù offre all’uomo la vita eterna IV Domenica di Pasqua Anno C
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Le mie pecore ascoltano la mia voce. Ascoltare: il primo di tutti i servizi da rendere a Dio e all’uomo è l’ascolto. Il primo strumento per tessere un rapporto. Ascoltare qualcuno è già dirgli: tu sei importante, tu mi interessi. Amare è ascoltare.
Pregare è ascoltare Dio. Ma perché la Sua voce merita di essere ascoltata? Gesù risponde: perché io do loro la vita eterna. Ed è importante, per una volta almeno, fermare tutta l’attenzione proprio su quanto Gesù si impegna a fare per noi. Lo si fa così raramente.
Tutti sono lì a ricordarci i nostri doveri, a richiamarci all’impegno, allo sforzo per far fruttare i talenti, per mettere in pratica i comandamenti. Molti cristiani rischiano di scoraggiarsi perché non ce la fanno. Ed io con loro. E allora è bene, è salute dell’anima, respirare la forza che nasce da queste parole di Gesù: io do loro la vita eterna. Vita per sempre, senza condizioni, prima di tutte le mie risposte; vita di Dio che è donata, riversata dentro, come un seme che inizia a muoversi, se appena mi avvicino un po’ al Signore.
«Nessuno le strapperà dalla mia mano». Notiamo la forza di questa parola assoluta: nessuno. Subito raddoppiata: nessuno le strapperà mai dalla mano del Padre. Nessuno ci porterà via dalle mani di Dio. Il nostro destino è inseparabile da quello di Dio. La vita eterna è un posto fra le mani di Dio.
Come passeri abbiamo il nido nelle sue mani, come bambini ci aggrappiamo forte a quella mano che non ci lascerà cadere, come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine, come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita.
Le mani di Dio. Mani di pastore contro i lupi, mani impigliate nel folto della vita, mani che proteggono la mia fiamma smorta, mani che scrivono nella polvere e non lanciano sassi a nessuno, mani che sollevano la donna adultera, mani inchiodate in un abbraccio che non può terminare, e poi offerte perché io ci riposi e riprenda il fiato del coraggio.
Dalla certezza che a Dio l’uomo importa inizia l’avventura di coloro che vogliono, sulla terra, custodire e lottare, camminare e liberare. Anche a noi l’uomo importa. Ciascuno pastore di un minimo gregge: hanno nomi e cognomi i miei agnelli, a partire dalla mia famiglia... Ciascuno può essere mano da cui non si rapisce. Poterlo dire a coloro che amo: nessuno vi strapperà via.
Ogni discepolo, anche se non è ancora e mai il Cristo, è però un Cristo iniziale, con la sua stessa missione: essere nella vita datore di vita.
Pregare è ascoltare Dio. Ma perché la Sua voce merita di essere ascoltata? Gesù risponde: perché io do loro la vita eterna. Ed è importante, per una volta almeno, fermare tutta l’attenzione proprio su quanto Gesù si impegna a fare per noi. Lo si fa così raramente.
Tutti sono lì a ricordarci i nostri doveri, a richiamarci all’impegno, allo sforzo per far fruttare i talenti, per mettere in pratica i comandamenti. Molti cristiani rischiano di scoraggiarsi perché non ce la fanno. Ed io con loro. E allora è bene, è salute dell’anima, respirare la forza che nasce da queste parole di Gesù: io do loro la vita eterna. Vita per sempre, senza condizioni, prima di tutte le mie risposte; vita di Dio che è donata, riversata dentro, come un seme che inizia a muoversi, se appena mi avvicino un po’ al Signore.
«Nessuno le strapperà dalla mia mano». Notiamo la forza di questa parola assoluta: nessuno. Subito raddoppiata: nessuno le strapperà mai dalla mano del Padre. Nessuno ci porterà via dalle mani di Dio. Il nostro destino è inseparabile da quello di Dio. La vita eterna è un posto fra le mani di Dio.
Come passeri abbiamo il nido nelle sue mani, come bambini ci aggrappiamo forte a quella mano che non ci lascerà cadere, come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine, come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita.
Le mani di Dio. Mani di pastore contro i lupi, mani impigliate nel folto della vita, mani che proteggono la mia fiamma smorta, mani che scrivono nella polvere e non lanciano sassi a nessuno, mani che sollevano la donna adultera, mani inchiodate in un abbraccio che non può terminare, e poi offerte perché io ci riposi e riprenda il fiato del coraggio.
Dalla certezza che a Dio l’uomo importa inizia l’avventura di coloro che vogliono, sulla terra, custodire e lottare, camminare e liberare. Anche a noi l’uomo importa. Ciascuno pastore di un minimo gregge: hanno nomi e cognomi i miei agnelli, a partire dalla mia famiglia... Ciascuno può essere mano da cui non si rapisce. Poterlo dire a coloro che amo: nessuno vi strapperà via.
Ogni discepolo, anche se non è ancora e mai il Cristo, è però un Cristo iniziale, con la sua stessa missione: essere nella vita datore di vita.
(Letture: Atti degli apostoli 13,14.43-52; Salmo 99; Apocalisse 7,9.14-17: Giovanni 10,27-30)
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