Da Avvenire di martedì 20 Aprile 2010
Nel V anniversario dell’elezione, collegio cardinalizio e popolo cristiano stretti a Benedetto XVI
A Malta il commosso incontro con le vittime degli abusi: vergogna e dolore per quanti hanno sofferto
Abbraccio corale al Papa
Preghiere per lui in tutte le chiese d’Italia
NEL CUORE DEL PONTEFICE
DOLORE E SPERANZA COME DI «NAUFRAGIO»
MARINA CORRADI
Uno degli otto che a Malta hanno incontrato Benedetto XVI e faccia a faccia gli hanno raccontato la loro storia di bambini violati ha detto che il Papa ha pianto, nell’ascoltare. Segreto e riservatissimo l’incontro, nessuna telecamera si è allungata a cogliere l’istante in cui la compassione, il cum - patere, soffrire insieme, traboccava sul viso di Benedetto XVI. Lo ha testimoniato solo, meravigliato, un visitatore: «ll Papa ha pianto con me».
Piangere, e soprattutto davanti ad altri uomini, non è abitudine dei grandi della Terra. Se mai succede, lo fanno da soli, perché nessuno veda ciò che comunemente è inteso come stigma di confusione e debolezza. «Vergogna », e senso di «tradimento» sono le espressioni che lo stesso Benedetto ha usato nella Lettera ai cattolici d’Irlanda. Però non c’è, in quella sofferenza trapelata a Malta, solo il dolore del male, né solo senso di sconfitta.
In volo verso l’isola dove Paolo fece naufragio, il Papa ha detto ai giornalisti: «Penso che il motivo del naufragio parli per noi.
Dal naufragio, per Malta è nata la fortuna di avere la fede. Così anche noi possiamo pensare che i naufragi della vita possono fare il progetto di Dio e possono essere utili per nuovi inizi nella nostra vita».
Singolare, straordinaria cristiana lettura di ciò che, normalmente, gli uomini chiamano semplicemente disgrazia, o colpa, ma in ogni caso identificano in un puro male, come il rivoltarsi di un avverso destino. I marinai della nave di Paolo, in balia del Mediterraneo, alla deriva in un orizzonte senza approdi, maledivano probabilmente il giorno in cui erano partiti – il giorno in cui un Caso maligno li aveva arruolati in quella impresa. Paolo invece, lo ha ricordato il Papa, era certo: «Ci dovremo imbattere in un’isola». Spezzata la rotta per Roma, pure non dubitava che anche quel naufragio fosse disegno di Dio. Il fondo della sventura, la nave sfasciata dalle onda e l’equipaggio miserabilmente approdato sugli scogli: eppure Paolo era convinto che non fosse la fine, ma un altro inizio. (Non è quasi mai così, fra gli uomini. Di fronte a una dura sconfitta molti si isteriliscono nella rabbia. I più si rassegnano, amari. Qualcuno si ribella fino a voler morire. Non è cosa del mondo, questo modo di guardare a un naufragio: come al germogliare di un seme selvatico, non seminato, e che tuttavia spunta in un giardino).
Già almeno una volta Benedetto XVI ha usato questa espressione, naufragio. «Senza un morire – ha scritto nel 'Gesù di Nazaret' – senza il naufragio di ciò che è solo nostro, non c’è comunione con Dio, non c’è redenzione». Dicendoci che il nostro progetto, anche il migliore, non è necessariamente quello di Dio, che strappò le vele alla nave di Paolo, a Malta. Dicendo che il fallimento accettato nella conversione può essere fertile di vita nuova. Che non ci salviamo da noi, ma veniamo salvati da Cristo.
Che sguardo 'altro', e che altra prospettiva, mentre ancora i titoli dei giornali stanano e inseguono accaniti vicende di preti colpevoli – quasi soddisfatti che anche gli uomini di Dio siano a volte miserabili come gli altri. «Il Papa ha pianto», ha detto un ex bambino violato a Malta. Lo ha detto meravigliato e commosso; perché ha visto in faccia al Papa vero dolore. Eppure, insieme, una assoluta, ferrea certezza di un bene, tuttavia, perfino di quel male più grande.
Da Avvenire di martedì 20 Aprile 2010
RICERCA: TRA I 18 E I 29 ANNI CRESCE L’IMPORTANZA DELLA RELIGIONE
Oggi la presentazione a Novara del rapporto Iard su giovani e fede Uno su due si dice cattolico
Un ragazzo su due si dichiara apertamente cattolico: il 52,8 per cento dei giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 29 anni.
Lo rileva una ricerca realizzata dall’Istituto Iard che, su commissione della diocesi di Novara, nell’ambito del progetto «Passio 2010», ha indagato sul rapporto che le nuove generazioni di italiani hanno con la fede. Il lavoro verrà presentato oggi nella città piemontese. La ricerca evidenzia un calo del 14 per cento in sei anni: nel 2004 era infatti il 66,9 a dichiararsi cattolico.
A questa riduzione non corrisponde, però, una riduzione netta di chi ritiene importante la religione per la propria vita: si scende appena del 3 per cento. Anzi, lo Iard registra un leggero aumento di chi la definisce «molto importante» (l’incremento è dell’1,8 per cento). In generale, alla fede viene riconosciuta una funzione di sostegno sia psicologico che relazionale e di guida (offre un senso, dà speranza). La fiducia nella Chiesa diminuisce tra i non credenti (soltanto il 2 per cento la definisce «alta» o «molta alta») e si affievolisce tra i praticanti, attestandosi al 39 per cento. Le rilevazioni sono state effettuate nella seconda metà di marzo, su un campione di mille giovani, rappresentativi delle differenti realtà del nostro Paese. Rispetto alle recenti indagini, e in particolare a quella del 2004, si rafforza la religiosità del «fai-da-te». Dall’altro si assiste a una «polarizzazione» delle scelte: chi è cattolico è sempre più convinto; quanti non lo sono mai stati dimostrano una distanza maggiore dalla Chiesa.
PREGHIERE per i «naviganti» di Marco Sanavio
Trasformare un testimone estremamente concreto come don Lorenzo Milani in un testimone digitale? Si può tentare, attraversando epoche e generazioni a colpi di mouse. Dal sito www.wverdi.it è possibile scaricare il programma «Barbiana virtuale», gratuito sino al primo livello, un modello tridimensionale dei celebri locali della scuola di don Milani navigabile tramite avatar e corredato da commenti audio. La diocesi di Pistoia, invece, ha scelto come luogo di testimonianza digitale un blog collegato al sito (diocesipistoia.wordpress.com) tra le cui righe possiamo trovare anche la preghiera per i naviganti di Facebook a firma di Patrizio Righero. Anche la pastorale vocazionale può essere filtrata dalla testimonianza digitale, come dimostrano concretamente alcuni alunni del Seminario teologico di Molfetta che hanno scelto tra i luoghi di ascolto e incontro il sito www.ricercati.tk accanto a un vivace profilo Facebook.
Da Avvenire di venerdì 23 Aprile 2010
GIOVANI, QUANDO LA REALTÀ È PIÙ FORTE DELLE PREDICHE
UN SACCHETTO DI ARANCE PER L’EMERGENZA EDUCATIVA
GIORGIO PAOLUCCI
Emergenza educativa: un fenomeno sulla bocca di tutti. Si levano alti lai nei confronti di 'questi ragazzi che ne combinano di tutti i colori, e non sai più come gestirli'. Si sprecano analisi e denunce, scarseggiano i rimedi Quello su cui (quasi) tutti concordano è che, dopo l’epoca del 'vietato vietare', è necessaria più severità.
Tradotto: insegnanti e genitori devono diventare i poliziotti della gioventù. Bisogna tornare a punire come un tempo, altrimenti la situazione diventa ingovernabile. Ma può bastare l’adulto-sceriffo? Un episodio di cui siamo stati testimoni pochi giorni fa aiuta a rispondere agli interrogativi che molti si pongono senza trovare risposte convincenti.
Studenti di terza media in gita a Firenze, sosta per il pranzo al sacco davanti al monastero di San Marco. Dopo essersi sfamati, cominciano a lanciarsi i panini avanzati e a sbriciolare le merendine, si spruzzano addosso l’acqua delle bottigliette, mentre un gruppo improvvisa una partitella di calcio con le arance rimaste nei sacchetti. Urla, risate sardoniche, tra lo sconcerto e la disapprovazione dei passanti: ma i genitori, cosa insegnano a casa a questa gente? E i professori, i professori che fanno?
Accade un fatto imprevisto: due insegnanti raccolgono le arance avanzate e le mettono in due sacchetti, altri due vengono riempiti di panini, poi si raccolgono le bottigliette d’acqua sparpagliate a terra.
Chiamano quelli che giocavano a calcio e li invitano a seguirli.
«Cosa c’è? Non abbiamo fatto niente». «Non preoccupatevi, venite con noi». Insieme vanno davanti alla loggia dell’Ospedale degli Innocenti, poco lontano, dove bivaccano alcuni anziani clochard.
Un insegnante avvicina quell’umanità dolente e chiede: «Volete qualche panino? Non vi offendete?» Sui volti di quegli uomini si accende un sorriso, le mani si allungano verso i sacchetti. «Serve anche dell’acqua?». «No grazie, ne abbiamo ancora un po’». Ma come, avrebbero potuto farne scorta… e invece no, può servire ad altri. Dal colonnato spunta una donna malvestita, gli occhi scavati e lo sguardo fiero: «Ho sei bambini, sei… posso averne un po’ anch’io?». Restano da distribuire le arance, e gli sguardi dei barboni s’illuminano: «Che meraviglia, la frutta!».
I due prof tornano verso il monastero di San Marco, seguiti dai ragazzi che si guardano tra loro quasi increduli, gli occhi bassi, e commentano: «Ma hai visto quello come ha preso le arance? E quell’altro che non ha voluto la bottiglietta d’acqua?». La bravata da cui tutto era nato ha lasciato il posto allo stupore per qualcosa di grande di cui erano stati testimoni e involontari protagonisti. Qualcosa di più grande della loro inettitudine che ha reso evidente, nell’impatto con la domanda presente in quell’umanità bisognosa, la piccolezza del loro comportamento.
La realtà insegna più di tante prediche sui valori. Basta saperla guardare con occhi sinceri. Ma per questo ci vuole qualcuno che educhi a guardarla così. Qualcuno capace di prendere per mano dei ragazzi che, prendendo a calci le arance avanzate dal loro pranzo, prendono a calci la loro vita. E che della vita possono riscoprire il significato e il valore avendo davanti agli occhi qualcuno che non si aspettavano. Quei due insegnanti si sono risparmiati l’ennesima e prevedibile ramanzina, hanno fatto lezione fuori dalla classe. Una lezione di vita fatta di poche parole e di un gesto capace di risvegliare domande che ognuno si porta nel cuore.
E così hanno conseguito un piccolo-grande traguardo educativo che nessuno 'sceriffo' avrebbe saputo conseguire.
Da Tempi del 22 Aprile 2010
GLI ABUSI CHE NON FANNO SCANDALO di Giulio Meotti
Sperimentazioni di anticoncezionali e pianificazione familiare forzata hanno fatto crollare il tasso di fertilità delle donne di Porto Rico. “Merito” di programmi che dagli anni Venti entusiasmano il New York Times
Per loro non c’è stata alcuna richiesta di risarcimento. Nessuno al New York Times si è stracciato le vesti per quei giovanissimi corpi violati, feriti e marcati per sempre. Nessun grande avvocato liberal ha portato in giudizio gli esecutori e i finanziatori di questa strage silenziosa. A Porto Rico un terzo delle donne in età fertile è stato sterilizzato. È l’isola con il più alto tasso al mondo di donne che non possono avere figli. In America si assiste da settimane a una nuova puntata della “Mani pulite di Dio”.
Sono le inchieste sulla pedofilia nella Chiesa cattolica. Ma a fronte degli abusi sessuali sui minori da parte di sacerdoti, che stando alle ultime ricerche indipendenti sarebbero meno dello 0,5 per cento del totale di abusi in tutta l’America, ci sono legioni di donne e bambine americane e caraibiche sterilizzate senza approvazione. Spesso senza neppure che lo sapessero.
E di questo capitolo oscuro della medicina contemporanea il New York Times, che oggi tira le fila dell’attacco durissimo alla Chiesa cattolica sulla pedofilia, è stato una bandiera. Lo descrive bene Fatal Misconception, la prima storia globale del controllo della popolazione, pubblicato dalle prestigiose edizioni di Harvard a firma dello storico liberal Matthew Connelly. Il Wall Street Journal ha scritto che per la prima volta uno studio storico serio fa luce sui disastri della “filantropia biologica”.
Nella piccola isola cattolica di Porto Rico arrivarono legioni di umanitaristi, medici, industriali, femministe e progressisti per trasformare la cinquantunesima “stella” degli Stati Uniti in un laboratorio della contraccezione di massa. E il New York Times allora stava orgoglioso dalla parte degli sterilizzatori perché l’editore di famiglia, i gloriosi Sulzberger, erano nel board della Fondazione Rockefeller che finanziava sul campo il malthusianesimo a Porto Rico.
Quando negli anni Venti dall’Inghilterra piovvero critiche sui programmi statunitensi di sterilizzazione degli “inadatti a vivere”, il quotidiano se la prese con l’“attacco inglese alla nostra eugenetica”.
Eugenetica che il New York Times non esitò a definire una fantastica “nuova scienza” (come denunciò anche lo scrittore G. K. Chesterton) e che era foraggiata dalla Rockefeller Foundation. L’ultimo stato che ha rimosso le leggi eugenetiche è stata la Virginia nel 1979. E proprio il New York Times aveva descritto le sterilizzazioni della Virginia come “estinzioni graziose”.
Sul numero del 22 gennaio del 1934 i consulenti del ministero dell’Interno nazista lodavano il «buon esempio fornito dagli Stati Uniti». Era l’anno in cui Hitler avviava la sua politica di eugenetica di massa, che avrebbe portato alla morte di 70 mila persone in diciotto mesi. Malati di mente, “promiscui”, albini, alcolizzati, talassemici, epilettici, tantissimi immigrati, dagli irlandesi agli italiani del sud, afroamericani e messicani.
Centomila persone sacrificate
Eccole le vittime della sterilizzazione negli Stati Uniti. E parliamo di 100 mila esseri umani. Donne afroamericane, donne indioamericane, donne sudamericane e donne bianche povere inglobate in programmi di sterilizzazione obbligatori. Un vero e proprio asse del male composto da organizzazioni umanitarie, filantropiche, educative, scientifiche e demografiche. La divisione del lavoro è stata geografica e funzionale: la sezione demografica dell’Onu ha fatto della “popolazione mondiale” un fatto politico, la Fondazione Rockefeller ha fornito ricercatori e fondi, il Population Council ha creato nuovi contraccettivi e insieme alle università e alle Nazioni Unite ha educato nuovi “esperti”, mentre il New York Times tesseva gli elogi dell’eugenetica.
Quando Indira Gandhi divenne prima ministro dell’India, nominò suo figlio Sanjay responsabile del controllo delle nascite sotto l’egida dell’Onu e del Population Council di Rockefeller. Le donne venivano sequestrate, deportate in massa, piegate con la forza alla sterilizzazione, in nome di teorie partorite a migliaia di chilometri di distanza, a Washington, a Londra, a Stoccolma. Nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite.
A Porto Rico la sterilizzazione delle donne era così diffusa che veniva genericamente chiamata “la operacion”. E nessuno al New York Times protestò quando si scoprì che il dottor Pincus scelse proprio Porto Rico come laboratorio per la sperimentazione della pillola anticoncezionale. Si scoprirà che un terzo delle donne portoricane non era a conoscenza della sterilizzazione. Il New York Times non ha mai smesso di strizzare l’occhio all’eugenetica. Pochi mesi fa in un’eloquente intervista al quotidiano Ruth Bader Ginsburg, l’unico giudice donna della Corte Suprema degli Stati Uniti, ha detto: «Francamente ero convinta che ai tempi della decisione Roe (sentenza che legalizza l’aborto in America, ndr) vi fosse preoccupazione per la crescita demografica e in particolare per la crescita della parte più indesiderata della popolazione». Nel board of trustees della Rockefeller Foundation l’editore del New York Times, il signor Arthur Sulzberger, è stato una voce importante dal 1939 al 1957, negli anni in cui l’eugenetica ha mostrato il suo volto più sanguinario e totalitario. Si dà il caso che la fondazione Rockefeller abbia finanziato gran parte delle campagne per la sterilizzazione in America.
Nel V anniversario dell’elezione, collegio cardinalizio e popolo cristiano stretti a Benedetto XVI
A Malta il commosso incontro con le vittime degli abusi: vergogna e dolore per quanti hanno sofferto
Abbraccio corale al Papa
Preghiere per lui in tutte le chiese d’Italia
NEL CUORE DEL PONTEFICE
DOLORE E SPERANZA COME DI «NAUFRAGIO»
MARINA CORRADI
Uno degli otto che a Malta hanno incontrato Benedetto XVI e faccia a faccia gli hanno raccontato la loro storia di bambini violati ha detto che il Papa ha pianto, nell’ascoltare. Segreto e riservatissimo l’incontro, nessuna telecamera si è allungata a cogliere l’istante in cui la compassione, il cum - patere, soffrire insieme, traboccava sul viso di Benedetto XVI. Lo ha testimoniato solo, meravigliato, un visitatore: «ll Papa ha pianto con me».
Piangere, e soprattutto davanti ad altri uomini, non è abitudine dei grandi della Terra. Se mai succede, lo fanno da soli, perché nessuno veda ciò che comunemente è inteso come stigma di confusione e debolezza. «Vergogna », e senso di «tradimento» sono le espressioni che lo stesso Benedetto ha usato nella Lettera ai cattolici d’Irlanda. Però non c’è, in quella sofferenza trapelata a Malta, solo il dolore del male, né solo senso di sconfitta.
In volo verso l’isola dove Paolo fece naufragio, il Papa ha detto ai giornalisti: «Penso che il motivo del naufragio parli per noi.
Dal naufragio, per Malta è nata la fortuna di avere la fede. Così anche noi possiamo pensare che i naufragi della vita possono fare il progetto di Dio e possono essere utili per nuovi inizi nella nostra vita».
Singolare, straordinaria cristiana lettura di ciò che, normalmente, gli uomini chiamano semplicemente disgrazia, o colpa, ma in ogni caso identificano in un puro male, come il rivoltarsi di un avverso destino. I marinai della nave di Paolo, in balia del Mediterraneo, alla deriva in un orizzonte senza approdi, maledivano probabilmente il giorno in cui erano partiti – il giorno in cui un Caso maligno li aveva arruolati in quella impresa. Paolo invece, lo ha ricordato il Papa, era certo: «Ci dovremo imbattere in un’isola». Spezzata la rotta per Roma, pure non dubitava che anche quel naufragio fosse disegno di Dio. Il fondo della sventura, la nave sfasciata dalle onda e l’equipaggio miserabilmente approdato sugli scogli: eppure Paolo era convinto che non fosse la fine, ma un altro inizio. (Non è quasi mai così, fra gli uomini. Di fronte a una dura sconfitta molti si isteriliscono nella rabbia. I più si rassegnano, amari. Qualcuno si ribella fino a voler morire. Non è cosa del mondo, questo modo di guardare a un naufragio: come al germogliare di un seme selvatico, non seminato, e che tuttavia spunta in un giardino).
Già almeno una volta Benedetto XVI ha usato questa espressione, naufragio. «Senza un morire – ha scritto nel 'Gesù di Nazaret' – senza il naufragio di ciò che è solo nostro, non c’è comunione con Dio, non c’è redenzione». Dicendoci che il nostro progetto, anche il migliore, non è necessariamente quello di Dio, che strappò le vele alla nave di Paolo, a Malta. Dicendo che il fallimento accettato nella conversione può essere fertile di vita nuova. Che non ci salviamo da noi, ma veniamo salvati da Cristo.
Che sguardo 'altro', e che altra prospettiva, mentre ancora i titoli dei giornali stanano e inseguono accaniti vicende di preti colpevoli – quasi soddisfatti che anche gli uomini di Dio siano a volte miserabili come gli altri. «Il Papa ha pianto», ha detto un ex bambino violato a Malta. Lo ha detto meravigliato e commosso; perché ha visto in faccia al Papa vero dolore. Eppure, insieme, una assoluta, ferrea certezza di un bene, tuttavia, perfino di quel male più grande.
Da Avvenire di martedì 20 Aprile 2010
RICERCA: TRA I 18 E I 29 ANNI CRESCE L’IMPORTANZA DELLA RELIGIONE
Oggi la presentazione a Novara del rapporto Iard su giovani e fede Uno su due si dice cattolico
Un ragazzo su due si dichiara apertamente cattolico: il 52,8 per cento dei giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 29 anni.
Lo rileva una ricerca realizzata dall’Istituto Iard che, su commissione della diocesi di Novara, nell’ambito del progetto «Passio 2010», ha indagato sul rapporto che le nuove generazioni di italiani hanno con la fede. Il lavoro verrà presentato oggi nella città piemontese. La ricerca evidenzia un calo del 14 per cento in sei anni: nel 2004 era infatti il 66,9 a dichiararsi cattolico.
A questa riduzione non corrisponde, però, una riduzione netta di chi ritiene importante la religione per la propria vita: si scende appena del 3 per cento. Anzi, lo Iard registra un leggero aumento di chi la definisce «molto importante» (l’incremento è dell’1,8 per cento). In generale, alla fede viene riconosciuta una funzione di sostegno sia psicologico che relazionale e di guida (offre un senso, dà speranza). La fiducia nella Chiesa diminuisce tra i non credenti (soltanto il 2 per cento la definisce «alta» o «molta alta») e si affievolisce tra i praticanti, attestandosi al 39 per cento. Le rilevazioni sono state effettuate nella seconda metà di marzo, su un campione di mille giovani, rappresentativi delle differenti realtà del nostro Paese. Rispetto alle recenti indagini, e in particolare a quella del 2004, si rafforza la religiosità del «fai-da-te». Dall’altro si assiste a una «polarizzazione» delle scelte: chi è cattolico è sempre più convinto; quanti non lo sono mai stati dimostrano una distanza maggiore dalla Chiesa.
PREGHIERE per i «naviganti» di Marco Sanavio
Trasformare un testimone estremamente concreto come don Lorenzo Milani in un testimone digitale? Si può tentare, attraversando epoche e generazioni a colpi di mouse. Dal sito www.wverdi.it è possibile scaricare il programma «Barbiana virtuale», gratuito sino al primo livello, un modello tridimensionale dei celebri locali della scuola di don Milani navigabile tramite avatar e corredato da commenti audio. La diocesi di Pistoia, invece, ha scelto come luogo di testimonianza digitale un blog collegato al sito (diocesipistoia.wordpress.com) tra le cui righe possiamo trovare anche la preghiera per i naviganti di Facebook a firma di Patrizio Righero. Anche la pastorale vocazionale può essere filtrata dalla testimonianza digitale, come dimostrano concretamente alcuni alunni del Seminario teologico di Molfetta che hanno scelto tra i luoghi di ascolto e incontro il sito www.ricercati.tk accanto a un vivace profilo Facebook.
Da Avvenire di venerdì 23 Aprile 2010
GIOVANI, QUANDO LA REALTÀ È PIÙ FORTE DELLE PREDICHE
UN SACCHETTO DI ARANCE PER L’EMERGENZA EDUCATIVA
GIORGIO PAOLUCCI
Emergenza educativa: un fenomeno sulla bocca di tutti. Si levano alti lai nei confronti di 'questi ragazzi che ne combinano di tutti i colori, e non sai più come gestirli'. Si sprecano analisi e denunce, scarseggiano i rimedi Quello su cui (quasi) tutti concordano è che, dopo l’epoca del 'vietato vietare', è necessaria più severità.
Tradotto: insegnanti e genitori devono diventare i poliziotti della gioventù. Bisogna tornare a punire come un tempo, altrimenti la situazione diventa ingovernabile. Ma può bastare l’adulto-sceriffo? Un episodio di cui siamo stati testimoni pochi giorni fa aiuta a rispondere agli interrogativi che molti si pongono senza trovare risposte convincenti.
Studenti di terza media in gita a Firenze, sosta per il pranzo al sacco davanti al monastero di San Marco. Dopo essersi sfamati, cominciano a lanciarsi i panini avanzati e a sbriciolare le merendine, si spruzzano addosso l’acqua delle bottigliette, mentre un gruppo improvvisa una partitella di calcio con le arance rimaste nei sacchetti. Urla, risate sardoniche, tra lo sconcerto e la disapprovazione dei passanti: ma i genitori, cosa insegnano a casa a questa gente? E i professori, i professori che fanno?
Accade un fatto imprevisto: due insegnanti raccolgono le arance avanzate e le mettono in due sacchetti, altri due vengono riempiti di panini, poi si raccolgono le bottigliette d’acqua sparpagliate a terra.
Chiamano quelli che giocavano a calcio e li invitano a seguirli.
«Cosa c’è? Non abbiamo fatto niente». «Non preoccupatevi, venite con noi». Insieme vanno davanti alla loggia dell’Ospedale degli Innocenti, poco lontano, dove bivaccano alcuni anziani clochard.
Un insegnante avvicina quell’umanità dolente e chiede: «Volete qualche panino? Non vi offendete?» Sui volti di quegli uomini si accende un sorriso, le mani si allungano verso i sacchetti. «Serve anche dell’acqua?». «No grazie, ne abbiamo ancora un po’». Ma come, avrebbero potuto farne scorta… e invece no, può servire ad altri. Dal colonnato spunta una donna malvestita, gli occhi scavati e lo sguardo fiero: «Ho sei bambini, sei… posso averne un po’ anch’io?». Restano da distribuire le arance, e gli sguardi dei barboni s’illuminano: «Che meraviglia, la frutta!».
I due prof tornano verso il monastero di San Marco, seguiti dai ragazzi che si guardano tra loro quasi increduli, gli occhi bassi, e commentano: «Ma hai visto quello come ha preso le arance? E quell’altro che non ha voluto la bottiglietta d’acqua?». La bravata da cui tutto era nato ha lasciato il posto allo stupore per qualcosa di grande di cui erano stati testimoni e involontari protagonisti. Qualcosa di più grande della loro inettitudine che ha reso evidente, nell’impatto con la domanda presente in quell’umanità bisognosa, la piccolezza del loro comportamento.
La realtà insegna più di tante prediche sui valori. Basta saperla guardare con occhi sinceri. Ma per questo ci vuole qualcuno che educhi a guardarla così. Qualcuno capace di prendere per mano dei ragazzi che, prendendo a calci le arance avanzate dal loro pranzo, prendono a calci la loro vita. E che della vita possono riscoprire il significato e il valore avendo davanti agli occhi qualcuno che non si aspettavano. Quei due insegnanti si sono risparmiati l’ennesima e prevedibile ramanzina, hanno fatto lezione fuori dalla classe. Una lezione di vita fatta di poche parole e di un gesto capace di risvegliare domande che ognuno si porta nel cuore.
E così hanno conseguito un piccolo-grande traguardo educativo che nessuno 'sceriffo' avrebbe saputo conseguire.
Da Tempi del 22 Aprile 2010
GLI ABUSI CHE NON FANNO SCANDALO di Giulio Meotti
Sperimentazioni di anticoncezionali e pianificazione familiare forzata hanno fatto crollare il tasso di fertilità delle donne di Porto Rico. “Merito” di programmi che dagli anni Venti entusiasmano il New York Times
Per loro non c’è stata alcuna richiesta di risarcimento. Nessuno al New York Times si è stracciato le vesti per quei giovanissimi corpi violati, feriti e marcati per sempre. Nessun grande avvocato liberal ha portato in giudizio gli esecutori e i finanziatori di questa strage silenziosa. A Porto Rico un terzo delle donne in età fertile è stato sterilizzato. È l’isola con il più alto tasso al mondo di donne che non possono avere figli. In America si assiste da settimane a una nuova puntata della “Mani pulite di Dio”.
Sono le inchieste sulla pedofilia nella Chiesa cattolica. Ma a fronte degli abusi sessuali sui minori da parte di sacerdoti, che stando alle ultime ricerche indipendenti sarebbero meno dello 0,5 per cento del totale di abusi in tutta l’America, ci sono legioni di donne e bambine americane e caraibiche sterilizzate senza approvazione. Spesso senza neppure che lo sapessero.
E di questo capitolo oscuro della medicina contemporanea il New York Times, che oggi tira le fila dell’attacco durissimo alla Chiesa cattolica sulla pedofilia, è stato una bandiera. Lo descrive bene Fatal Misconception, la prima storia globale del controllo della popolazione, pubblicato dalle prestigiose edizioni di Harvard a firma dello storico liberal Matthew Connelly. Il Wall Street Journal ha scritto che per la prima volta uno studio storico serio fa luce sui disastri della “filantropia biologica”.
Nella piccola isola cattolica di Porto Rico arrivarono legioni di umanitaristi, medici, industriali, femministe e progressisti per trasformare la cinquantunesima “stella” degli Stati Uniti in un laboratorio della contraccezione di massa. E il New York Times allora stava orgoglioso dalla parte degli sterilizzatori perché l’editore di famiglia, i gloriosi Sulzberger, erano nel board della Fondazione Rockefeller che finanziava sul campo il malthusianesimo a Porto Rico.
Quando negli anni Venti dall’Inghilterra piovvero critiche sui programmi statunitensi di sterilizzazione degli “inadatti a vivere”, il quotidiano se la prese con l’“attacco inglese alla nostra eugenetica”.
Eugenetica che il New York Times non esitò a definire una fantastica “nuova scienza” (come denunciò anche lo scrittore G. K. Chesterton) e che era foraggiata dalla Rockefeller Foundation. L’ultimo stato che ha rimosso le leggi eugenetiche è stata la Virginia nel 1979. E proprio il New York Times aveva descritto le sterilizzazioni della Virginia come “estinzioni graziose”.
Sul numero del 22 gennaio del 1934 i consulenti del ministero dell’Interno nazista lodavano il «buon esempio fornito dagli Stati Uniti». Era l’anno in cui Hitler avviava la sua politica di eugenetica di massa, che avrebbe portato alla morte di 70 mila persone in diciotto mesi. Malati di mente, “promiscui”, albini, alcolizzati, talassemici, epilettici, tantissimi immigrati, dagli irlandesi agli italiani del sud, afroamericani e messicani.
Centomila persone sacrificate
Eccole le vittime della sterilizzazione negli Stati Uniti. E parliamo di 100 mila esseri umani. Donne afroamericane, donne indioamericane, donne sudamericane e donne bianche povere inglobate in programmi di sterilizzazione obbligatori. Un vero e proprio asse del male composto da organizzazioni umanitarie, filantropiche, educative, scientifiche e demografiche. La divisione del lavoro è stata geografica e funzionale: la sezione demografica dell’Onu ha fatto della “popolazione mondiale” un fatto politico, la Fondazione Rockefeller ha fornito ricercatori e fondi, il Population Council ha creato nuovi contraccettivi e insieme alle università e alle Nazioni Unite ha educato nuovi “esperti”, mentre il New York Times tesseva gli elogi dell’eugenetica.
Quando Indira Gandhi divenne prima ministro dell’India, nominò suo figlio Sanjay responsabile del controllo delle nascite sotto l’egida dell’Onu e del Population Council di Rockefeller. Le donne venivano sequestrate, deportate in massa, piegate con la forza alla sterilizzazione, in nome di teorie partorite a migliaia di chilometri di distanza, a Washington, a Londra, a Stoccolma. Nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite.
A Porto Rico la sterilizzazione delle donne era così diffusa che veniva genericamente chiamata “la operacion”. E nessuno al New York Times protestò quando si scoprì che il dottor Pincus scelse proprio Porto Rico come laboratorio per la sperimentazione della pillola anticoncezionale. Si scoprirà che un terzo delle donne portoricane non era a conoscenza della sterilizzazione. Il New York Times non ha mai smesso di strizzare l’occhio all’eugenetica. Pochi mesi fa in un’eloquente intervista al quotidiano Ruth Bader Ginsburg, l’unico giudice donna della Corte Suprema degli Stati Uniti, ha detto: «Francamente ero convinta che ai tempi della decisione Roe (sentenza che legalizza l’aborto in America, ndr) vi fosse preoccupazione per la crescita demografica e in particolare per la crescita della parte più indesiderata della popolazione». Nel board of trustees della Rockefeller Foundation l’editore del New York Times, il signor Arthur Sulzberger, è stato una voce importante dal 1939 al 1957, negli anni in cui l’eugenetica ha mostrato il suo volto più sanguinario e totalitario. Si dà il caso che la fondazione Rockefeller abbia finanziato gran parte delle campagne per la sterilizzazione in America.
La sintonia col nazismo
Non furono i nazisti infatti a ideare le camere a gas. Fu (prima della conversione al cristianesimo) il premio Nobel Alexis Carrel (1873-1944), autore di L’homme, cet inconnu, il quale diceva che «criminali e malati di mente devono essere umanamente ed economicamente eliminati in piccoli istituti per l’eutanasia, forniti di gas. L’eugenetica è indispensabile per perpetuare la forza.
Una grande razza deve propagare i suoi migliori elementi. L’eugenetica può esercitare una grande influenza sul destino delle razze civilizzate ma richiede il sacrificio di molti singoli esseri umani». Ricercatore presso il Rockefeller Institute for Medical Research, Carrel abbracciò l’eugenetica nazista in una lettera del 7 gennaio del 1936, quando alla Rockefeller siedevano già i membri della famiglia Suzlberger: «Il governo tedesco ha preso energiche misure contro la propagazione dei difettosi, contro le malattie mentali e i criminali. La soluzione ideale sarebbe la soppressione di questi individui non appena abbiano dimostrato di essere pericolosi».
La Rockefeller Foundation finanziò anche molti ricercatori tedeschi. Tra di essi il dottor Ernst Rudin, che avrebbe organizzato lo sterminio medico degli handicappati ordinato da Adolf Hitler. E uno dei direttori del New York Times, Eugene Black, da membro della Rockefeller divenne cofondatore del Population Council, l’organizzazione americana di ricerca che ha portato avanti molte campagne per la sterilizzazione di popolazioni indigene nel mondo. Compresa Porto Rico. La famiglia Sulzberger era generosamente impegnata a finanziare anche le attività di Margaret Sanger, la quale venne così incensata da Orson Wells nel 1931: «Quando la storia della nostra civiltà sarà scritta, sarà una storia biologica e Margaret Sanger la sua eroina». Il nome Sanger è il collante fra eugenetica e femminismo. Fondatrice della American Birth Control League (1916) e della International Planned Parenthood Federation (1952), diresse una rivista, The Birth Control Review, che divenne col tempo il più importante laboratorio teorico per la selezione della specie, al grido di slogan come «noi preferiamo la politica della sterilizzazione immediata per garantire che la procreazione sia assolutamente proibita ai deboli di mente».
Sanger costruì la sua prima clinica per il controllo delle nascite nel quartiere di Brownsville a New York, uno dei più poveri della città. Così poteva estirpare meglio “il peso morto dei rifiuti umani”. La sua eredità è arrivata fino a noi. Fu Sanger a procurare i finanziamenti a Gregory Pincus per la ricerca anticoncezionale. E Pincus la sua pillola andò a sperimentarla sui “negri” di Porto Rico.
Mentre oltreoceano Papa Paolo VI metteva a punto l’enciclica Humanae Vitae che condannava proprio l’antinatalismo praticato nella sperduta isola caraibica. È così che si chiude uno sconosciuto e tragico ciclo che coinvolge il più rispettato giornale d’America, le più note e ricche famiglie della East Coast, interi pezzi della medicina del Novecento e una piccola isola dei Caraibi, che a oggi vanta non soltanto il miglior Pil della regione, ma anche il più alto tasso al mondo di donne sterilizzate.
Da Tempi del 22 Aprile 2010
Qualche quesito ai megafoni del Nyt di Amicone
Ecco le domande che emergono dalla ricostruzione di Meotti e dalla testimonianza del portoricano Albacete: che ne è delle donne che tra la metà del secolo scorso e la fine degli anni Settanta (giusto gli anni oggi rivangati per i casi di pedofilìa nella chiesa cattolica) sono state abusate per sperimentare sui loro corpi gli effetti di ogni genere di anticoncezionale e sterilizzate in massa a loro insaputa?
Chi sono gli autori di questa orrenda pagina della storia contemporanea che nella sola Portorico conta almeno 100 mila vittime?
Che ruolo ha avuto nel “genocidio” sessuale e riproduttivo di centinaia di migliaia di donne nere e papiste del continente sudamericano l’editore di quel New York Times che oggi dirige l’assalto del circuito mediatico internazionale contro papa Ratzinger?
E come si spiega che coloro i quali hanno di fatto imposto alla Chiesa cattolica scotti miliardari (si pensi che solo l’arcidiocesi di Los Angeles ha versato risarcimenti per 774 milioni di dollari), non hanno scucito un solo penny alle centinaia di migliaia di vittime dei programmi genocidari delle fondazioni “liberal”?
E ancora, con che faccia quegli stessi “liberal” che chiedono alla chiesa di coprirsi costantemente di cenere non hanno mai osato neppure dubitare della “democraticità” dei loro misfatti a Portorico?
Ecco un promemoria per la Bibbia del giornalismo progressista. E per i suoi fan italiani che le campagne del giornale dei Sulzberger copiano e incollano come cagnolini addomesticati che camminano scodinzolando davanti al padrone con il Nyt in bocca.
Da Avvenire di venerdì 23 Aprile 2010
Rai e Cei insieme per portale web
Da oggi on line sul sito religionecattolica.rai.it news e filmati d’archivio
Da oggi è online il portale www.religionecattolica.rai.it, promosso da RaiNet in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana.
Lo spazio web multimediale riguarda le rubriche religiose del palinsesto Rai e l’informazione prodotta dalle redazioni giornalistiche sugli eventi ecclesiali. Documenti del magistero, notizie, eventi ecclesiali, iniziative di solidarietà arricchiscono il portale grazie alla collaborazione con lo staff del sito internet www.chiesacattolica.it. Il portale tematico fornirà così agli utenti di Internet un nuovo spazio multimediale di approfondimento e riflessione dedicato alle principali espressioni religiose presenti nel nostro Paese. «Il portale segnala l’intenzione della Chiesa italiana per un linguaggio di cui si avverte il bisogno affinché l’informazione e la comunicazione intorno al fatto religioso siano tempestive, efficaci, multimediali», ha sottolineato monsignor Domenico Pompili, sottosegretario e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei. Per l’ad di RaiNet e direttore di Rai Nuovi Media, Piero Gaffuri: «Siamo lieti di poter supportare gli obiettivi di comunicazione multimediale della Chiesa cattolica, attraverso la ricca offerta editoriale di natura religiosa della Rai.
E il web Rai, che registra ogni mese oltre 7 milioni di utenti unici, è il mezzo che maggiormente si presta a un’informazione completa e puntuale».
www.religionecattolica.rai.it www.chiesacattolica.it
Da Avvenire di Domenica 18 aprile 2010
Torino, oltre 170mila per venerare la Sindone
Da record il numero dei fedeli nella prima settimana di Ostensione 200 giovani, trenta chilometri a piedi di notte meditando il Vangelo
DA TORINO FEDERICA BELLO
Mantelli di velluto rosso, lunghe tuniche bianche, medaglioni argentati.
Oltre 3.000 membri di 156 confraternite provenienti da tutta Italia sono sfilati nella tarda mattinata di ieri di fronte alla Sindone per il pellegrinaggio promosso dalla Confraternita del Santo Sudario di Torino. Questa notte si sono invece incamminati da Sant’Ambrogio di Susa verso Torino, 200 giovani, dai 16 anni in su, che hanno aderito alla proposta di pellegrinaggio «a piedi e in notturna» organizzato dalla Pastorale giovanile della diocesi di Susa. Trenta chilometri meditando il brano evangelico dei discepoli di Emmaus, per giungere a Torino per la celebrazione della Messa domenicale davanti alla Sindone in Duomo alle 7.
Sono solo alcuni dei tantissimi e variegati gruppi di pellegrini che hanno caratte- rizzato la prima settimana di Ostensione che ha visto l’afflusso di oltre 170 mila persone da tutto il mondo. Stranieri, ma anche immigrati che da anni vivono in Italia, come i 1.100 che sempre nella giornata di ieri, metà nelle prime ore del mattino e metà nel pomeriggio, hanno compiuto il pellegrinaggio organizzato dall’Ufficio diocesano torinese per la pastorale dei migranti. Tantissimi i bambini: dai più piccoli che di fronte alla Sindone vorrebbero toccarla, agli studenti delle scuole elementari e medie (numerose le classi soprattutto lo scorso mercoledì mattina) che si erano fatti un’idea della Sindone dalle spiegazioni degli insegnanti e di fronte al Telo rimangono a bocca aperta o, all’uscita del percorso, discutono animatamente sulle prime impressioni. Qualche centinaio gli ortodossi – tra loro l’arcivescovo Veniamin della diocesi di Vladivostock che ha visitato la Sindone giovedì scorso – provenienti per la maggior parte dall’Est europeo dove soprattutto negli ultimi anni, grazie all’opera dell’associazione torinese « Amici delle Chiese d’Oriente » ( Amcor) si è molto diffusa la conoscenza e la venerazione della Sindone. In 970 tra ammalati e disabili hanno compiuto mercoledì pomeriggio il percorso a loro riservato, accompagnati da volontari appositamente formati. Tra le diocesi: Vienna, Loreto, Palestrina, Spoleto- Norcia, Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Pellegrinaggi diocesani e parrocchiali che caratterizzeranno anche la prossima settimana: tra cui rappresentanze delle diocesi di Alghero, Avignone, Bologna con la guida del cardinale Carlo Caffarra sabato prossimo. Dall’apertura dell’Ostensione « boom » di prenotazioni: nell’arco di soli due giorni, 100 mila le richieste arrivate attraverso il sito internet www.sindone.org che hanno portato a quota 1.634.668 i posti riservati, di cui 1.495.096 dall’Italia.
www.sindone.org
Da Avvenire di giovedì 22 Aprile 2010
È IL GIORNO DEI «TESTIMONI DIGITALI»
Molte le iniziative attivate in vista del convegno della Chiesa italiana per coinvolgere il «popolo» del web Multimedialità e interattività per far crescere nella comunità credente la consapevolezza del «potenziale» evangelizzatore delle nuove tecnologie VINCENZO GRIENTI
Multimedialità e interattività, ma anche incontro, dibattito e confronto face to face caratterizzeranno il convegno «Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale» che si apre oggi a Roma.
Oltre 1300 partecipanti provenienti da 180 diocesi italiane, più di 250 operatori dell’informazione accreditati, 25 relatori si ritroveranno all’Hotel Summit dopo otto anni da Parabole mediatiche. Circa 8mila persone sono attese, invece, all’udienza in Aula Paolo VI con Benedetto XVI sabato 24 aprile. Tutte le sessioni dell’evento saranno trasmesse in diretta on line dal sito internet www.testimonidigitali.it che da oggi cambierà interfaccia grafica. Nel corso dell’ultima settimana sono cresciuti i numeri degli accessi al sito curato dallo staff di chiesacattolica.it in collaborazione con il Servizio informatico della Cei e la Seed Edizioni Informatiche. Più di 450mila infatti sono gli accesi al sito internet del convegno dal 24 gennaio scorso ad oggi con 63mila utenti unici. Il Gruppo ufficiale del convegno su Facebook curato da Andrea Mameli del corso per Anicec per Animatori della comunicazione e della cultura ha superato i 450 iscritti mentre il canale YouTube nell’ultima settimana è stato visitato da 650 utenti. Nel corso del convegno sarà attivato anche un apposito spazio su Twitter che rilancerà con i suoi 'cinguettii' i momenti salienti dell’incontro nazionale. Sarà poi implementata la sezione audio-video 'alimentata' dai servizi radiofonici e televisivi di Tv 2000 e Radio InBlu, e dagli speciali dell’Agenzia Sir diretta da Paolo Bustaffa. Il nuovo sito internet è caratterizzato da un design fresco, usabile e immediatamente accessibile, che unisce alle pagine web convenzionali (come quella dell’ufficio stampa dalla quale è possibile a giornalisti e operatori dell’informazione accreditarsi on line) l’area mediacenter corredata da diverse sezioni: DigitNews, dove è possibile sfogliare l’ultimo numero del periodico free press di attualità telematica; RadioDigit, la web radio curata in collaborazione con l’Associazione WeCa (webmaster cattolici) e la sezione 'rassegna stampa' con la segnalazioni di articoli riguardanti il convegno.
L’interattività del sito emerge grazie anche a una community, moderata da Saverio Simonelli, vice caporedattore di Tv2000 e dall’area Wiki curata da don Paolo Padrini, ideatore di I-Breviary. Tra le novità di questi giorni anche il restyiling del portale www.religionecattolica.rai.it promosso da RaiNet in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.
www.testimonidigitali.it
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