sabato 10 luglio 2010

IL VANGELO DI DOMENICA 10 luglio 2010

Una terra abitata da prossimi
XV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, [...] chi è mio prossimo?».
Gesù riprese: «Un uomo scen­deva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle ma­ni dei briganti, che gli portarono via tutto, lo per­cossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mez­zo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quel­la medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.
Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.
Invece un Samaritano, che era in viaggio, pas­sandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vi­no; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui.
Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, di­cendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”.
Chi di questi tre ti sem­bra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui».
Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Maestro, che cosa devo fare per essere vivo, per essere uomo vero? Gesù risponde con un racconto in cui è racchiusa la possibile so­luzione della storia, la sorte del mondo e il destino di ognuno.
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Un uomo, dice Gesù. Guai se ci fosse un aggettivo, buo­no o cattivo, ricco o povero, dei nostri o straniero. Può essere perfino un disonesto, un brigante anche lui.
È l’uomo, ogni uomo aggredito e che ha bisogno. Ogni strada del mondo va da Gerusalemme a Geri­co.
Il mondo geme, con le vene aperte; c’è un im­menso peso di lacrime in tutto ciò che vive, un o­ceano di uomini derubati, umiliati, violati, naufra­gati per ogni continente. È questo il nome eterno dell’uomo. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa stra­da . Il primo che passa, un prete, un uomo spiritua­le, passa oltre.
Ma cosa c’è oltre? Oltre il dolore, ol­tre la carne dell’uomo non c’è lo spirito, bensì il nul­la.
Quel prete non troverà mai Dio. «Percorri l’uomo, dice sant’Agostino, e raggiungerai Dio».
Uomo, via maestra verso l’assoluto! Invece un samaritano che era in viaggio lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino.
Un samaritano: uno straniero, un extracomunitario d’oggi, ha com­passione e si avvicina, scende da cavallo, forse ha paura, non è spontaneo fermarsi.
Misericordia – a­vere cuore per il dolore – non è un istinto, ma una conquista. Bisogna avvicinarsi, vedere gli occhi, a­scoltare il respiro, allora ti accorgi che quell’uomo è tuo fratello, un pezzo di te. E nulla di ciò che è uma­no ti può essere estraneo. Il racconto di Luca mette in fila dieci verbi per de­scrivere l’amore: lo vide, si mosse a pietà, si avvi­cinò, scese, versò, fasciò, caricò, lo portò, si prese cura, pagò... fino al decimo verbo: al mio ritorno sal­derò il debito se manca qualcosa.
Questo è il nuovo decalogo, i nuovi dieci comanda­menti, una proposta per ogni uomo, credente o no, perché l’uomo sia uomo, la vita sia amica, la terra sia abitata da «prossimi», non da avversari. Ma chi è il mio prossimo? Gesù risponde: tuo pros­simo è chi ha avuto compassione di te. Allora ricor­dati di amare i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, hanno versato olio e vino sulle tue ferite, e riversato affetto in cuore. Non dimenticare chi ti ha soccorso e ha pagato per te.
Li devi amare, con gioia, con festa, con gratitudine. E poi da loro imparare. Va e anche tu fa lo stesso . An­che tu diventa samaritano, fatti prossimo, mostra misericordia.
Il vero contrario dell’amore non è l’o­dio, è l’indifferenza.

( Letture: Deuteronomio 30,10-14; Salmo 18; Colosse­si 1 ,15 -20 ; Luca 10 ,25 -37 )

PORTA PAROLA 10 luglio 2010



Da PiùVoce.net del 8 Luglio 2010
Su "Europa" il professor Fagioli vede nero, anzi nerissimo
RIFORMA O ABBANDONO DELLA CHIESA: FALSO DILEMMA
Domenico Delle Foglie
“… nella situazione attuale la reazione prevalente in molti cattolici non è la proposta di una riforma della chiesa, ma l’abbandono della Chiesa”. Così Massimo Faggioli sul quotidiano “Europa” affronta la crisi della Chiesa determinata dallo scandalo della pedofilia e ritiene che il peggio tocchi proprio al Continente da rievangelizzare, dove il cattolicesimo ha vissuto immerso “in un quadro giuridico concordatario, lascito di un’eredità storico culturale che faceva della chiesa cattolica non una comunità religiosa fra le altre, ma il dirimpettaio e il rivale dello stato nazionale”. Maiuscole e minuscole sono tutte dell’autore.
Un’analisi disarmante e pessimistica che ipotizza l’eclissi del cattolicesimo europeo dal cuore dell’Europa. Senza risparmiare neanche un pizzico di ironia a proposito della tendenza a “spiritualizzare la crisi” nella quale si dibatte la Chiesa.
La realtà, come mi ha detto un amico cattolico, è che tutti gli analisti finiscono per confondere i piani. “Io sto col Papa – mi ha ripetuto tre volte questo amico milanese –. Ero in piazza San Pietro per manifestargli il mio affetto. E oggi mi fido di lui che mi indica l’assoluta necessità di tornare all’essenzialità della fede cristiana. Cioè l’amicizia che Gesù mi ha donato. A me basta per credere nel futuro della mia fede, ma anche della Chiesa”.
“Riforma”, caro professor Faggioli, forse non è parola adatta ai credenti. Meglio conversione del cuore. E amicizia di un Dio che ci ha salvato per sempre.
Il peccato orrendo della pedofilia di alcuni, non può cancellare la fede dei popoli.
Abbandoneranno la Chiesa, questa Chiesa, come prevede Faggioli? Chi può dirlo? E poi chi può dire che non possa essere addirittura un bene? Un prezzo da pagare oggi, per veder rifiorire la fede già domani? Meglio dubitare di tutte le nostre facili certezze e coltivare l’unica amicizia che davvero conta. Quella che ci aiuta a distinguere fra il peccato e il peccatore, anche quando veste i panni sacri del sacerdote. E soprattutto ci fa essere incondizionatamente fratelli della vittima.

Da PiùVoce.net del 8 Luglio 2010

No alle mere semplificazioni procedurali Sì al Tribunale unico per famiglia e minori
SEPARARSI DAL NOTAIO? SCORCIATOIA PERICOLOSA
Francesco Belletti
Sono sicuramente contrario alla proposta, ripresa dallo stesso Ministro Angelino Alfano venerdì 2 luglio, nel corso del Consiglio Nazionale del Notariato, di trasferire ai notai la gestione delle separazioni coniugali quando non ci sono figli, sia pure nella versione soft “per i soli aspetti patrimoniali”, ma da subito prefigurata anche come “per l’intera separazione”. La sacrosanta (e urgente!) esigenza di snellire le procedure della giustizia civile non può essere soddisfatta con scelte che rischiano di lanciare un segnale - l’ennesimo! - di totale privatizzazione delle scelte di coppia, che escono così dalla sfera della rilevanza pubblica per restare nel più puro ambito privatistico, anzi, addirittura commerciale. Come non ci convinceva lo slogan “adozioni più facili”, così non ci convince lo slogan “separazioni più facili”!
In altri termini, non possiamo accettare che l’impegno coniugale sia ridotto ad un accordo commerciale, ad un mero contratto privato, senza rilevanza di bene comune; siamo infatti convinti che “fare famiglia”, vale a dire contrarre matrimonio, sia una scelta di grande responsabilità sociale, che sia un vero impegno di costruzione della società, e che quindi il suo scioglimento abbia a che fare in modo significativo anche con un sistema giuridico che tenda a custodire la vita sociale del Paese a favore del bene comune, oltre che del legittimo interesse dei singoli cittadini. Invece “limitare” alla presa d’atto notarile la scelta di separarsi significa ridurre la scelta di coppia ad un atto totalmente privatizzato, escludendo qualunque “eccedenza di responsabilità pubblica”.
Non abbiamo bisogno, nel nostro Paese, di mere semplificazioni procedurali, che di fatto lasciano le persone ancora più sole di fronte alle scelte spesso drammatiche che la vita propone: abbiamo invece bisogno di un grande progetto di alleanza tra persone e società, che metta al centro la costruzione del bene comune, rafforzando, anziché alleggerendo, interventi di sostegno e di accompagnamento che aiutino le famiglie ad attraversare le crisi, anche grazie a giudici e operatori del diritto specializzati, competenti e motivati, esigenza emersa con chiarezza, nei mesi scorsi, anche dal dibattito sulla possibile costituzione di un “Tribunale unico per la famiglia e i minori” (e nodo su cui aspettiamo segnali forti dal Ministero competente).
Se ai cittadini viene giustamente chiesto di onorare i doveri di cittadinanza (anche nel loro “fare famiglia”), alla società spetta di sostenere i loro diritti di cittadinanza.
Nello specifico, non c’è certo bisogno, oggi, di una ulteriore privatizzazione del rapporto coniugale (talmente privato che basta l’occhio neutrale di presa d’atto del notaio, anziché la responsabilità pubblica del giudice); al contrario, difendere la necessità di riportare al foro giuridico la scelta di rompere il legame coniugale - scelta peraltro ampiamente possibile e facilitata, come le statistiche chiaramente documentano - significa riaffermare che quel legame è uno strumento insostituibile di coesione sociale e di cittadinanza. In un certo senso, significa riaffermare che “la famiglia è cellula fondamentale della società”, affermazione già contenuta nella Carta fondamentale dei Diritti dell’Uomo del 1948 e gravemente disattesa nel nostro Paese.

Da E’Vita supplemento di Avvenire di giovedì 8 luglio 2010
La petizione per fermare la campagna Sigo sul sesso sicuro che si rivolge a giovani e giovanissimi, è stata inviata al ministero della Gioventù dall’associazione «Due Minuti per la vita», con 800 firme raccolte in pochissimi giorni
«Ministro Meloni, tolga il patrocinio a Travelsex»
Antonella Mariani
Sospendere il patrocinio alla campagna pro­contraccezione lanciata per il periodo estivo dalla Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostetricia.
È questa la petizione avanzata al ministero della Gioventù dall’associazione «Due Minuti per la vita», forte di una raccolta firme che in pochissimi giorni ha già raccolto 800 adesioni. La richiesta ufficiale è stata inviata al ministro Giorgia Meloni martedì scorso, 6 luglio, con una lettera circostanziata in cui si dà conto della contrarietà alla campagna Sigo, portatrice di una visione della sessualità «edonista e deresponsabilizzante, priva di valori veri, una visione in ultima analisi che considera l’altra persona come strumento di piacere, di divertimento e nulla più».
La campagna della Sigo per il sesso sicuro si rivolge a giovani e giovanissimi. Lanciata all’inizio dell’estate, comprende appuntamenti pubblici in 10 città italiane, con distribuzione di materiale informativo sulla più efficace 'protezione' durante i rapporti sessuali, tra cui la guida Travelsex, che offre il vocabolario base in tutte le lingue straniere per assicurarsi di non correre rischi durante le vacanze estive (tipo: «Prendi la pillola?». «Dove posso trovare un preservativo?»).
La campagna si avvale del contributo finanziario della Bayer Schering Pharma (produttrice tra l’altro di contraccettivi) e l’obiettivo dichiarato è di ridurre, attraverso l’uso di opportuni metodi contraccettivi, l’incidenza delle malattie sessualmente trasmissibili e il picco di aborti che, secondo la Sigo, si verificherebbero tra le giovanissime ogni anno a fine estate.
Contro questa impostazione si è mossa l’associazione «Due minuti per la vita», lanciando a metà giugno una raccolta di firme via Internet e invitando gli aderenti a spedire email di protesta direttamente alla Sigo e al ministero della Gioventù, anche utilizzando il modello disponibile sul suo sito (
www.dueminutiperlavita.info).
«Chi semina contraccettivi raccoglie aborti», si intitola la mozione. Non a caso: perché è ormai accertato che la diffusione della contraccezione non porta affatto a una diminuzione degli aborti, ma anzi può indurre, in alcuni casi, un effetto paradosso. In Francia e Gran Bretagna, per fare un esempio, dove la copertura contraccettiva è pressoché totale, nel 2008 sono stati effettuati rispettivamente quasi 47mila e 32mila aborti tra minorenni. Il 30 giugno, pochi giorni dopo l’avvio della protesta, il presidente della Sigo, Giorgio Vittori, ha inviato una lettera di risposta all’associazione. Vittori insiste sui comportamenti a rischio degli adolescenti ma si dichiara aperto «al dialogo» e pronto a misurarsi «anche con altre scuole di pensiero».
L’altra scuola di pensiero – l’associazione «Due minuti per la vita» – ha ripreso carta e penna e ha fatto presente a Vittori che molti autorevoli studiosi ritengono che il contraccettivo non sia la misura di prevenzione più efficace contro l’Aids, e che la strategia della «riduzione del danno» – diffusione dei preservativi per far decrescere gli aborti – non ha funzionato in diversi Paesi del mondo. Detto questo (e molto altro), l’associazione da una parte invita la Sigo a «ritirare la campagna pro-contraccezione, in quanto foriera di una visione della sessualità che non rende affatto giustizia alla verità, né a quella scientifica né a quella antropologica», e dall’altra sollecita il ministro della Gioventù a ritirarne il patrocinio.

Associazione Due minuti per la vita
Preghiera in difesa della vita nascente
Casella postale 299 - 10121 Torino - Fax. 011.19.83.42.99
www.dueminutiperlavita.info - info@dueminutiperlavita.org
www.facebook.com/dueminutiperlavita
e-campagn@: “Chi semina contraccettivi raccoglie aborti”
Protesta via e-mail contro la campagna pro-contraccezione lanciata dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia con il patrocinio del Ministro della Gioventù

Cara amica, Gentile amico,
1. sappiamo che il mito della diffusione della contraccezione al fine di fare diminuire il numero degli aborti è ormai crollato da tempo. Ne è esempio lampante quello della Francia, paese in cui gli aborti non accennano a diminuire nonostante l’educazione sessuale sempre più precoce, nonostante un accesso alla contraccezione che più facile non si può, compresa la variante “d'emergenza” – la pillola del giorno dopo è fornita alle ragazzine gratis e senza ricetta nelle farmacie e da poco si è aggiunta quella dei “cinque giorni dopo” – nonostante uno dei tassi di diffusione della contraccezione medica più alti del mondo, nonostante le martellanti campagne sul sesso sicuro;

2. difendiamo il diritto dei giovani ad essere educati all’affettività, all’amore ed alla sessualità nel vero e profondo rispetto della dimensione integrale della persona umana e non a vedersi propinare una sorta di “manuale di istruzioni” su come poter praticare il sesso libero senza “spiacevoli conseguenze”. Non abbiamo bisogno di più profilattici nei nostri zaini e nelle nostre borsette, ma di più ragionevolezza e amore alla verità nei nostri cervelli e nei nostri cuori! Essendo giovani e conoscendo i nostri coetanei ne siamo sicuri: non è con le macchinette distributrici di lattici e di pillole che si educano l’uomo e la donna a divenire responsabili, ma con la fatica di interrogarsi su ciò che è adeguato, giusto e rispettoso nei confronti della dignità della propria persona;

3. riteniamo che l’impostazione della campagna pro-contraccezione lanciata dalla SIGO non sia rispettosa della vera natura della persona umana e possa condurre facilmente ad una visione della sessualità puramente edonistica e deresponsabilizzante, priva di valori veri, una visione che considera l’altra persona come strumento di piacere, di divertimento e nulla più.

Se condividete le nostre istanze Vi invitiamo a scrivere un'e-mail al Consiglio Direttivo della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) ed allo staff del Ministro della Gioventù Giorgia Meloni per esprimere la personale contrarietà nei confronti di tale campagna pro-contraccezione e per chiederne il ritiro.

www.dueminutiperlavita.info

Da Avvenire di mercoledì 7 luglio 2010
VOLETE UN AUTENTICO MODELLO?
ECCOLO: MATEMATICO E UMANISSIMO:
SI CHIAMA GRISHA PERELMAN, È IL MIGLIORE. CON COERENZA E IN POVERTÀ
di Gabriella Sartori
Dici Maradona o Michael Jakson e tutti sanno di chi si tratta . Anche da sconfitti, o da morti, l’uno e l’altro restano un “mito “ per milioni (forse miliardi) di persone. Ma se dici Grigorij Perelman, la quasi totalità di queste persone non sa nemmeno chi sia.
Eppure, Grigorij Jakovlevic Perelman, Grisha per gli amici, qualche motivo per essere considerato un «mito» lo avrebbe. Specie per i giovani del nostro tempo: sui quali folle di educatori, e specialisti ciclicamente levano lamentele contro la «bassezza» dei nostri tempi incapaci, a loro dire, di offrire alle nuove generazioni alti esempi umani cui ispirarsi.
E se Grisha facesse al caso nostro ? Solo che ci si prenda la briga di sapere (e far sapere) chi è. A 44 anni d’età, Grigorij Perelman, matematico ed “eremita” di San Pietroburgo, è uno dei più grandi geni della matematica, che, come diceva Galileo, è la madre di tutte le scienze. È l’unico scienziato al mondo che sia riuscito a dimostrare per esempio, la «congettura di Poincaré», definita dagli esperti «un’impresa ai limiti dell’impossibile».
Una soluzione, quella trovata bellamente dal nostro Grisha, che potrà avere enormi ricadute anche economiche. Motivo per cui, per chi avesse vinto la sfida, il prestigioso Istituto Matematico Clay aveva messo in palio un premio da un milione di dollari. Che Grisha ha appena rifiutato. Come fa da sempre. Ed è qui che affiora anche l’altra straordinaria faccia del nostro eroe: che, da quando aveva 16 anni, vince a ripetizione i premi più inarrivabili senza mai "ritirarne" il corrispondente valore in denaro e fama. Con la buona ragione che «se la soluzione è quella giusta, non c’è bisogno di alcun altro riconoscimento».
Perelman, tra l’altro, ha rifiutato, negli anni scorsi, anche la prestigiosissima Medaglia Fields: un premio che è molto più arduo da conseguire di un premio Nobel (tutt’altro che immune – come si sa – da spinte politiche e ideologiche), in quanto viene assegnato, all’unanimità, e solo ogni quattro anni, dalla comunità mondiale dei matematici al migliore di loro che abbia meno di 40 anni. Grazie, non mi occorre, disse anche quella volta il nostro Grisha. Che, dopo aver insegnato e lavorato nelle migliori università e nei più considerati centri di ricerca statunitensi, vive e pensa e studia in povertà e nascondimento nella "sua" San Pietroburgo. Snobbando giornalisti, foto, interviste, collaborazioni con le più famose riviste scientifiche, da “Nature” in giù, girando per la sua città, o per gli amati boschi che la circondano, in abiti da mendicante.
Uno studentello che l’ha fotografato col suo cellulare in un angolo della metro cittadina, si duole oggi di non aver saputo “vendere” a dovere quella preziosa foto. Perché così gli è stato insegnato: che fama e denaro sono i soli valori che contano. Però non tutti i suoi coetanei gli somigliano. Nella bellissima San Pietroburgo, ci si può imbattere in giovani che indossano magliette con la foto di Grisha commentate dalla scritta «Non tutto si può comprare». Noi ci auguriamo che molti giovani, e non giovani, di tutto il mondo, li imitino.
La a lungo “impossibile” «congettura di Poincaré», l’aveva formulata nel 1904 questo grandissimo matematico francese che così scriveva: «Lo scienziato non studia la natura perché è utile, ma perché ne prova piacere perché è bella: se la natura non fosse bella,non varrebbe la pena di studiarla per tutta la vita e la vita non varrebbe la pena di essere vissuta». Parole vicine a quanto scriveva Einstein distinguendo, nel «tempio della scienza» coloro che vi entrano per fama, per orgoglio, per soldi, da quelli che lo fanno per l’inesausta ricerca dell’«armonia prestabilita», per una passione tanto pura quanto intensa non diversa da quella che – per lui – anima i mistici, i santi, i veri filosofi, poeti e artisti.
È bello che da Einstein a Poincaré a Perelman, resista forte il filo rosso che unisce attraverso il tempo questi uomini cui l’umanità deve molto più delle loro pur straordinarie scoperte. È triste che questi esempi umani non vengano conosciuti né proposti abbastanza. Un peccato, questo, contro la verità e contro la speranza.

Da Avvenire di martedì 6 luglio 2010
FICTION FEST
LUX: «PORTIAMO IN TIVÙ LA VERA STORIA DI PIO XII» di Tiziana Lupi
«Un uomo complesso, consapevole del dramma che va crescendo intorno a lui così come della grande prova che dovrà affrontare». E, anche, «un uomo intelligente, attivo, ma che trae la sua forza dal totale affidamento a Dio». Questo è, nelle parole dei produttori Matilde e Luca Bernabei, il ritratto di Pio XII che emerge dalla miniserie Sotto il cielo di Roma, la fiction che la Lux ha voluto dedicare a Papa Pacelli. Della miniserie è stato presentato in anteprima un trailer ieri, nella prima giornata del RomaFictionFest, nell’incontro intitolato «Lo stile Lux» in cui la società di produzione fondata da Ettore Bernabei ha proposto un assaggio anche di Preferisco il Paradiso, due puntate dedicate a San Filippo Neri (interpretato da Gigi Proietti), e di Ho sposato uno sbirro 2, sequel della fortunata serie interpretata da Flavio Insinna e Christiane Filangieri.
Sotto il cielo di Roma racconta lo scorcio di pontificato di Pio XII (interpretato dall’attore inglese James Cromwell) durante l’occupazione tedesca di Roma tra il 1943 e il 1944 e, spiegano i Bernabei, «in questo contesto ci è sembrato giusto raccontare il ruolo di Pacelli come defensor civitatis; i suoi sforzi, troppo spesso misconosciuti, di proteggere i cittadini della capitale a prescindere dalla loro razza e appartenenza di fede; il confronto con le autorità tedesche in cui giocò tutta la sua abilità diplomatica, mettendo anche a rischio la sua incolumità personale». Il film si apre e si chiude su un momento di raccoglimento e preghiera, in cui il pontefice si affida a Dio e, concludono i produttori, «nel rimandare al Signore il giudizio sul suo operato, Pio XII esprime il dramma del cristiano chiamato a fare scelte difficili in un tempo tragico. Scelte che, come hanno testimoniato tanti fin da allora, portarono alla salvezza di molte persone nascoste negli istituti religiosi su ordine del Papa che preferì agire piuttosto che fare proclami, deciso a spendersi per chiunque fosse minacciato».
Sicuramente meno controversa la vicenda terrena di san Filippo Neri, l’uomo che quando gli fu chiesto se voleva diventare cardinale disse che preferiva il Paradiso. Anche la sua storia sarà raccontata in due puntate (in onda come Sotto il cielo di Roma su Raiuno) che ne ripercorreranno la vita: nato a Firenze e vissuto per sessant’anni a Roma, «il Santo della gioia» mentre si celebrava il Concilio di Trento e prendeva avvio la Controriforma, formava bande di giovani scapestrati trasteverini avvicinandoli alla liturgia e facendoli divertire, cantando e giocando in quello che sarebbe divenuto l’Oratorio. Chiude la rassegna delle anteprime della Lux Vide Ho sposato uno sbirro 2: le vicende del commissario Diego Santamaria e di sua moglie Stella riprendono là dove si erano interrotte nella prima serie: con la nascita delle loro due gemelline.

da Jesus di luglio 2010
LA FEDE IN INTERNET
RETE NOSTRA, DACCI OGGI IL NOSTRO HI-TECH QUOTIDIANO
di Giorgio Banaudi internauta
La piccola cappellina è in penombra, i fotofori a led non avranno il profumo della lavanda ma vuoi mettere la praticità? Li ricarichi per un paio di ore e fanno la loro bella figura ovunque, senza fili tra i piedi. Ecco, inizia il vespro: un click e il monitor si accende.
Sullo schermo, in morbida dissolvenza, paesaggi, boschi, oceani sterminati e tramonti. Non c’è bisogno di essere irriverenti o estremi fautori dell’hi-tech per immaginare ben presto scene del genere. La penetrazione della tecnologia è di casa nelle chiese. Da sempre. Dai primi orologi che scandivano l’ora et labora, alle tipografie, alla radio... E non finirà certo con il computer...
Quello che invece difficilmente comprendiamo è come e quanto queste tecnologie stanno modificando le nostre abitudini.
Cambia il linguaggio, sorgono nuovi ambiti di significato, cresce una nuova mentalità di relazioni. Basterebbe osservare la diffusione delle recenti applicazioni per palmari e tablet. L’enfasi che il mercato ha decretato all’ultimogenito di Steve Jobs, l’iPad, indica come ormai il mercato sia maturo per il suo inserimento nei riti ufficiali del quotidiano.
Si stanno consolidando varie nicchie di mercato, oltre a quella di casa Apple, per le applicazioni dei nuovi strumenti. E mentre il pc lentamente si riduce, si indossa e si camuffa abilmente, la fantasia
degli utilizzatori ne traccia l’evoluzione. Smartphone, cellulari intelligenti, netbook, piccoli pc... Ci stiamo abituando a vedere la Rete non più come collante per unire altri pezzi, ma come l’ossigeno nel quale realizzare tutto il nostro vivere. Il mercato di iTunes (www.apple.com/itunes/), ma anche quello di Android (www.android.com), la piattaforma operativa concorrente, contraddistinta da una maggior apertura al software libero, iniziano a popolarsi di applicazioni che un tempo potevano sembrare degli sfizi e oggi sono concrete possibilità.
Non si contano i gadget compilativi, che riportano versetti, frasi e proverbi tratti dalla Bibbia; il versetto del giorno, ma anche la lettura del testo integrale; sono scaricabili per cellulare varie versioni, anche se quella della Cei, per il momento, non è ancora disponibile; possiamo rifarci con il greco o il latino cercando su www.acrobible.com o su cadreworks.com. Poi ci sono programmi con qualche pretesa in più. Didattica, come l’adventure della SimpleComplexity Games che racconta ai ragazzi la storia di Noè, o pratica, come l’italianissimo iBreviary che trasforma l’iPhone in un libro delle ore completo e tascabile (www.dimix.it). Per tenersi aggiornati, senza dover setacciare tutto il web, conviene sempre fare riferimento a qualche appassionato, come al curatore del blog www.religione20.net, che a contatto con i giovani respira le medesime tendenze.

Da Madre di Luglio 2010
GUARDARE E NON LEGGERE
di Mirella Poggialini
Sono sempre più impegnati, i nostri occhi: fra display del cellulare e schermi grandi e piccoli, siamo costantemente presi dalla decifrazione di immagini e messaggi, in un gioco costante di rimandi che arricchisce e anche complica la nostra vita.
Le immagini, che nei tempi antichi erano preziosa eredità collettiva da conservare e proteggere ora sono inflazionate da una miriade di supporti e di mezzi con i quali vengono proposte, registrate, diffuse, archiviate: in una serie infinita che ha influenzato anche il nostro modo di vedere e di guardare, che è invece prodotto di una scelta e di una decisione. Ne ha ricevuto un danno la nostra capacità di lettura, fortemente diminuita negli ultimi decenni, come dimostrano le indagini statistiche sulla scuola e sull’alfabetizzazione.
Molti leggono a fatica, senza la speditezza che l’operazione lettura esige: sono sempre più numerosi, soprattutto, coloro che non amano la lettura, la decifrazione di segni che non sono immagini, ma rimandano all’immagine indirettamente. È sempre più difficile orientare i piccoli alla lettura e suscitare nei più giovani interesse per il giornale o, tanto meno, il libro. Ne sanno qualcosa gli insegnanti, che devono assegnare la lettura che una volta si definiva «amena» come compito vero e proprio: e si vedono consegnare, alla fine, dei riassunti tutti uguali copiati da internet con ilare sicurezza, indicativa di una lettura mancata. L’evocazione dell’immagine che la letteratura suggerisce, in un’appropriazione dei personaggi e dei luoghi in cui ognuno traduce il racconto che legge, ora è sovrastata dall’immagine preconfezionata che ora la tecnica diffonde con dilagante abbondanza.
Educati dalla tv-baby sitter, i ragazzi di oggi non sono attratti dalla lettura come scoperta personale, come viaggio nella fantasia creativa: che anzi è stata soffocata da immagini – non è casuale la ripetizione del termine – costruite da altri. Il che isterilisce la capacità immaginativa, la soffoca in una formidabile abbondanza di riferimenti di cui tuttavia siamo usufruttuari e non creatori, e allontana il desiderio di misurarsi con la fatica della lettura, che è costruzione volitiva e possesso conquistato.
Fa malinconia il distacco con il quale i giovanissimi considerano il libro, nella sua più ampia capacità di assumere forme e valenze molteplici: quei libri che per noi anziani erano una volta dono significativo e desiderato, da conservare gelosamente, sono oggi quasi soltanto oggetti da rivendere una volta usati, come strumenti non amati.

Da L'Osservatore Romano di giovedì 8 luglio 2010
Dopo gli attacchi al cardinale Urosa Savino
Libertà d'espressione per la Chiesa in Venezuela
Caracas, 7. La Chiesa cattolica in Venezuela respinge con determinazione l'inqualificabile aggressione verbale di cui è stato fatto oggetto il cardinale arcivescovo di Caracas, Jorge Liberato Urosa Savino, da parte del presidente della Repubblica, Hugo Chávez. Quest'ultimo nei giorni scorsi ha infatti gettato benzina sul fuoco nei rapporti tra Stato e Chiesa. Lo ha fatto in due occasioni, approfittando anche delle celebrazioni per il bicentenario dell'indipendenza nazionale. Proprio il 5 luglio, parlando all'Assemblea nazionale nel corso della solenne seduta commemorativa, Chávez ha rivolto insulti pesantissimi al porporato, che recentemente aveva denunciato la chiusura di molti media dell'opposizione e aveva invitato il Governo a rispettare i diritti democratici sanciti dalla Costituzione. Insulti ribaditi anche in una trasmissione televisiva.
La reazione della Chiesa non si è fatta attendere. Per le prossime ore è stata annunciata una dichiarazione ufficiale dell'episcopato, mentre a caldo sono intervenuti il segretario generale della Conferenza episcopale, il vescovo Jesús González de Zárate Salas, e il consiglio presbiterale dell'arcidiocesi di Caracas.
In un'intervista alla rete Globovisión, il segretario generale dell'episcopato ha respinto con forza le accuse, facendosi anche portavoce delle numerosissime espressioni di solidarietà al cardinale giunte da tutto il Paese. "Purtroppo - ha detto il presule - il presidente ritiene essere un attacco personale tutto ciò che non è in linea con il suo modo di pensare". Ma la "posizione dei vescovi" - ha assicurato il segretario generale dell'episcopato - non è politica, ma ha lo scopo esclusivo di "illuminare la coscienza dei venezuelani". Da parte del presule, si stigmatizza poi la decisione di utilizzare per simili attacchi un "atto solenne" come la cerimonia per l'indipendenza nazionale.
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il comunicato diffuso dal consiglio presbiterale dell'arcidiocisi di Caracas. Nel testo, infatti, "si deplora profondamente" che il presidente della Repubblica, "il presidente di tutti i venezuelani", utilizzi i mezzi di comunicazione e della televisione nazionale in una data così significativa come il 5 luglio, "che dovrebbe servire a riunire tutti i venezuelani", per "offendere e ridicolizzare" un cittadino che è anche pastore della Chiesa cattolica. Dopo aver ricordato che il cardinale Urosa, in quanto cittadino, ha il diritto a esprimere la propria opinione per contribuire al bene comune del Paese, il comunicato sottolinea ancora che come arcivescovo di Caracas il porporato "ha tutto il diritto, anzi, ha il sacro dovere di orientare tutti i cattolici all'esercizio dei principi e dei valori della morale religiosa nel contesto dell'attuale situazione sociale e politica del nostro Paese". E respingendo ogni ingerenza nell'organizzazione interna della Chiesa, si fa notare, inoltre, che tutti gli interventi del porporato su temi inerenti il bene comune sono stati ispirati ai principi del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa.


Segnaliamo il bellissimo sito cattolico: www.reginamundi.info
per chi cerca un momento intenso di spiritualità, preghiera e riflessione.